IL 'PADRE NOSTRO'
ANGELA DA FOLIGNO, GIULIANA DI NORWICH, TERESA D'AVILA, EVELYN UNDERHILL, SIMONE WEIL, EDITH STEIN, FIORETTA MAZZEI, HEDERA CIURARU
Plenarium, Augsburg
Oltre ai Salmi e al Padre nostro il solo e più grande dono di nostro Signore è il dono di se stesso.o scoperto questa frase quando ero novizia in un libro di esercizi spirituali che raccoglieva conversazioni tenute per i novizi due secoli prima. E' proprio così, i Salmi di Lode composti dal pastore Davide incantano in tutte le lingue; cantarli, leggerli, ascoltarli è conforto all'anima. Anche il Padre nostro è un grande dono, tramandatoci tramite il greco. Dall'aramaico, la lingua di Gesù, è giunto a noi in tutte le lingue. Con questa preghiera prima di ricevere il Pane e il Vino supplichiamo il prezioso Dono del Corpo e Sangue di Cristo, per il quale a nostra volta rendiamo grazie. Ancora oggi in Grecia si dice 'evkaristo', 'eucharisto', 'Ti rendiamo grazie'.
A Gesù, uno di noi, uomo di carne e sangue, Maria, sua madre, insegnò a pregare. 'Nelle tue mani Signore affido il mio spirito' è la prima preghiera che una madre ebrea insegna a suo figlio, preghiera che il figlio reciterà per il resto della vita, prima di addormentarsi, e prima di esalare l'ultimo respiro. La vigilia dello Shabbat, al tramonto del venerdì, Gesù avrà ascoltato Maria benedire le candele: 'Benedetto sii tu, o Signore, Re dell'Universo, che ci hai donato i tuoi precetti e ci hai comandato di accendere i lumi dello Shabbat'. E dopo di lei suo padre Giuseppe recitare: 'Benedetto sii tu Signore, Re dell'Universo che ci hai dato questo pane e questo vino, frutto della terra, della vite e del lavoro dell'uomo'.
Il canto del Magnificat di Maria troverà eco nelle Beatitudini di Gesù. Ai discepoli che chiedono venga loro insegnato a pregare Egli dona una preghiera che nella sua essenza è autenticamente ebraica. Matteo 6.9-15 riporta la preghiera in un greco alquanto rozzo, al di là del quale riusciamo a intravedere l'originale ebraico:
Voi dunque pregate così:Per la versione in inglese e greco si veda:adre nostro che sei nei cieli,
sia santificato il tuo nome;
venga il tuo regno;
sia fatta la tua volontà,
come in cielo così in terra.
Dacci oggi il nostro pane quotidiano,
e rimetti a noi i nostri debiti
come noi li rimettiamo ai nostri debitori,
e non ci indurre in tentazione,
ma liberaci dal male.
Nella redazione di Luca (11. 2-4) in un greco raffinato, molto più semplice, tuttavia, diviene:
Quando pregate dite:Marco ci offre, invece, la preghiera ebraica del Santo Nome, lo shema, 12. 29-31:adre, sia santificato il tuo nome,
venga il tuo regno;
dacci oggi il nostro pane quotidiano,
e perdonaci i nostri peccati,
perché anche noi perdoniamo ad ogni nostro debitore,
e non ci indurre in tentazione.
scolta, Israele. Il Signore Dio nostro è l'unico Signore.preghiera che nella forma ebraica continua santificando il Nome del Signore e parlando del Suo Regno: benedetto il Nome del Signore, il Suo Regno non avrà fine. Il Vangelo di Marco aggiunge poi la preghiera sul nostro amare Dio con tutto il cuore, con tutta la mente e con tutta la forza, che deriva dalla preghiera del Tau benedetto, sin dall'Esodo posta sugli stipiti delle porte della casa ebraica. La preghiera sull'amare il prossimo come se stessi con le parole tratte direttamente dal Deuteronomio e dal Levitico.
Il 'Padre nostro' riecheggia le preghiere ebraiche a Dio che glorificano il Santo Suo Nome, parlano del Suo regno, del Giubileo che rimette tutti i debiti e della liberazione di coloro i quali sono in condizione di schiavitù. Evelyn Underhill, mistica anglicana, osserva come le sette frasi del Padre nostro, strettamente legate l'una all'altra, derivino tutte in modi differenti dalle Scritture ebraiche. Il Padre nostro fonde i testi di Matteo, Marco e Luca. Paradossalmente alcuni dei migliori scritti sul Padre nostro ci sono venuti dalle donne, dagli ebrei, da coloro i quali sono al di fuori della Chiesa. 'Il Padre nostro' è Padre non solo di figli, ma anche di figlie, non solo di chi è alla sequela di Cristo ma dell'intera umanità. E' inclusivo, non esclude. In questi commenti al testo è chiaro l'anelito a volersi conformare alla volontà di Dio nella libertà. Il servizio a Dio è perfetta libertà. Queso parrebbe rivoluzionario ma non lo è affatto. Lucifero è artefice di Rivoluzioni. I Vangeli sono di Dio.
Angela da Foligno, terziaria francescana, così si
esprime sul Padre nostro, la preghiera di Gesù:
L'esempio di questa gloriosa preghiera e
l'invito a perseverare in essa ci vengono dati dallo stesso
Figlio di Dio e uomo Gesù Cristo, che ci ha insegnato in molti
modi a pregare con le parole e con le opere. Infatti, ci
ha ammonito, dicendo ai suoi discepoli: 'Vegliate e pregate, per non cadere in
tentazione'. In molti passi del
Vangelo troverai che egli ci ha istruiti in molte maniere
riguardo alla venerabile preghiera. Egli ha fatto anche capire
a tutti che gli è molto cara, avendoci di cuore ad essa
esortato tante e tante volte. Poiché ci ha amato veramente e
di cuore, affinché non avessimo nessuna scusa riguardo alla
benedetta preghiera, ha voluto anche lui pregare, perchè,
trascinati almeno dal suo esempio, l'amassimo più di tutte le
altre cose . . . Metti questo specchio davanti ai tuoi occhi e
sforzati con tutto te stesso di avere un po' di questa
preghiera, perché egli ha pregato per te, non per sé. Lo ha
fatto anche quando disse: 'Padre,
se questo calice non può passare da me, sia fatta la tua
volontà'. Nota come Cristo
antepose sempre la volontà del Padre alla sua; tu fa secondo
questo modello. Egli ha pregato, anche
quando disse: 'Padre nelle tue mani
consegno il mio spirito'. Perché
dire di più? Tutta la sua vita fu preghiera, in quanto egli
restò continuamente nella perenne conoscenza di Dio e di sé.
Forse che Cristo ha pregato invano? Perché, dunque, sei
negligente nel farlo, se nulla si può ottenere senza la
preghiera? Per il fatto che Cristo Gesù, Dio e uomo vero, ha
pregato per te, non per sé, per darti l'esempio della vera
orazione, se vuoi avere qualcosa da lui, non puoi non
pregare, dal momento che, se non lo fai, non potrai
ottenerlo.
( Il Libro della Beata Angela da Foligno. La preghiera: l'esempio di Gesù)
Un'osservazione a
parte merita l'arte dei Della Robbia. Trasformando la
semplice argilla - così come fece Dio creando Adamo -
Rilievo in terra cotta dei Della
Robbia, Dio crea Eva dalla costola di Adamo dormiente, 'Adamo'
significa 'uomo e donna', 'rosso e argilla'.
essi crearono la terracotta invetriata azzurra e
bianca rappresentando la Madonna e Cristo. Così noi mediante
la preghiera, e il 'Padre nostro', in particolare,
trasformiamo la nostra argilla di mortali nel bianco e blu dei
cieli. In questo particolare busto di Cristo osserviamo
nell'azzurro della veste sacerdotale di Aronne il verde che
sta a simboleggiare la fruttuosa terra.
Andrea Della Robbia, Cristo in preghiera, Sacrestia Santa Croce
In un manoscritto medievale dell'epoca di Giuliana di Norwich, forse da lei stessa composto, e custodito nel Castello di Norwich, l'originario autore del testo - che conosceva l'ebraico - suddivide la preghiera in sette parti, come il candelabro ebraico a sette bracci del Tempio di Gerusalemme, i sette giorni della settimana, i sette pianeti allora conosciuti. Egli o ella scrive in modo profondamente toccante di queste sette invocazioni che rivolgiamo a Dio nella preghiera che Gesù ci ha insegnato. Gli autori potrebbero essere identificati in Adam Easton e Giuliana di Norwich.
Oltre a questo bellissimo manoscritto, con le iniziali in oro su fondo porpora - i colori del grano e dell'uva, molto affine ai manoscritti che secoli prima Bonifacio aveva commissionato a monache inglesi, tra cui ricordiamo la monaca Lioba - custodiamo altri testi sul Padre nostro scritti da donne. Teresa d'Avila nel Rinascimento, e nel secolo appena trascorso, Evelyn Underhill con il suo bel libro Abba, e ancora il superbo saggio di Simone Weil, scritto quando ella insegnava questa preghiera in greco al suo ospite Gustave Thibon nel sud della Francia, e che ella stessa soleva recitare raccogliendo l'uva.
Norwich Castle Manuscript
Esaminiamo ora ciascuna delle sette invocazioni in
successione, intrecciando tratti diversi attinti da Giuliana
di Norwich, da Teresa d'Avila, da Evelyn Underhill, da Simone
Weil, consapevoli che lo scrivere sul Padre nostro da parte
delle donne ha mutato il patriarcato
in universalità, fino all'abbattimento delle divisioni di razza, religione,
classe o genere che dai margini si sono insinuate nel cuore
della Chiesa. Evelyn Underhill
fa anche menzione di Santa Teresa che parla di una donna
matutra che per un'ora medita sulle prime due parole della
preghiera in atto di riverenza e con amore. Nel pronunciare
queste sette invocazioni, la donna è da emulare, al pari delle
donne ebree che accendono e benedicono i lumi dello Shabbat,
una candela per ciascuna domanda, in tutto sette, per la
guarigione dei bambini, delle donne e degli uomini di questo
mondo, portando tutti nel Regno dei Cieli e a Dio.
I. Padre nostro che sei nei Cieli.
Cristo non ci fa rivolgere la nostra preghiera a Lui. Umile, parla di sé nel Vangelo come del 'figlio dell'uomo', in ebraico 'Ben-Adam'. 'Adam' in ebraico significa anche 'Ogni uomo'. A noi Cristo chiede, invece, di pregare con lui 'Nostro Padre', Padre Suo e Padre nostro, 'Abba' (Marco 14.36; Romani 8.15; Galati 4.6), noi essendo suoi fratelli e sue sorelle (Matteo 12.49-50, Marco 3.31-35, Luca 8.19-21). Egli diviene nostro fratello e spogliando se stesso persino nostro servo (Filippesi 2.5-11); umilmente e amorevolmente Egli lava a noi i piedi, a noi che siamo indegni (Giovanni 13.3-20). In questo emulando il sacro atto d'amore di Maria Maddalena (Matteo 26.6-13, Marco 14.3-9, Luca 7.37-50, Giovanni 12.1-8, la donna potrebbe anche non essere Maria Maddalena). Egli dice: 'Benedetto sii tu o Signore, Re dell'Universo, che ci hai dato questo vino questo pane, frutto della vite e del lavoro dell'uomo' (la preghiera dello Shabbat ebraico recitata dal padre e a cui si allude in Matteo 26.26-29, in Marco 14.22-25, in Luca 22.15-20, in 1 Corinzi 10.16-22, 11.23-26). Più avanti tragicamente dice: 'Nelle tue mani Signore affido il mio spirito' (Salmo 31.5, Luca 23.46). Tutte preghiere ebraiche che il Signore rivolge a Dio.
Nella preghiera di Cristo, ci rivolgiamo a Dio non soltanto come Signore, Dio dell'Universo quali schiavi timorati di Dio, ma anche quali suoi amati figli. Come suoi figli e figlie lo invochiamo con la parola 'Abba' (Marco 14.36; Romani 8.15; Galati 4.6), 'Daddy' in inglese, "Babbo" in fiorentino. Ci rivolgiamo a qualcuno che amiamo confidando che a sua volta egli ci ama. Un padre, quando un figlio, una figlia, suoi coeredi, chiedono del pane, non chiude loro la porta, né dà loro una pietra. Quando chiedono un pesce, non dà loro una serpe (Matteo 7.10, Luca 11.11). La redazione delle Rivelazioni di Giuliana di Norwich del Westminster Cathedral/Abbey Manuscript riprende nell'incipit questa bella invocazione nel suo rivolgersi al 'Nostro amabile e buon Signore . . .' Noi preghiamo con le parole di Cristo, con le parole di Giuliana, preghiamo per tutti i 'Cristiani nostri pari', per noi stessi, per i nostri fratelli e le nostre sorelle (Matteo 12.46-50; Marco 3.31-35; Luca 8. 19-21) nell'amore di Dio e del prossimo (Marco 12.30-31), affinché possiamo tutti essere una cosa sola. San Cipriano ci ricorda che questa preghiera non è una preghiera per se stessi, ma per noi tutti, non 'Padre mio . . . dammi' ma 'Padre nostro . . . . dacci oggi il nostro pane quotidiano'. Ella parla anche di come questa preghiera fosse la preghiera che durante la Pentecoste veniva recitata nella 'sala al piano superiore', dove la Madre di Dio con le altre donne e i discepoli erano uniti in preghiera.
Simone Weil, dotta filosofa franco-ebrea,
nella sua interpretazione del Padre nostro, si rifà alla
tradizione greco-platonica o all'ebraica. La spagnola Teresa
d'Avila, invece, con in parte origini ebraiche, che non
ricevette un'educazione formale, nei suoi seminari destinati
alle consorelle carmelitane si allontanerà da questo tema,
sempre comunque ritornando alla 'Sua Maestà', a Cristo Re. Un
Re di gran lunga più grande del Re di Spagna e delle Americhe.
Quando a Teresa d'Avila e alle sue consorelle furono sottratti
tutti i libri, ella riecheggiando Angela da Foligno affermò: 'Sarà Cristo allora il libro che leggerò'. Alle consorelle dice che non ha importanza
alcuna quanto privo di controllo e ciarliero sia il pensiero
nel parlare e nella preghiera, ciò che conta è la presenza del
Santo Spirito tra il Figlio e il Padre.
II. Sia santificato il tuo nome.
Nella seconda invocazione del Padre nostro, proprio nel santificare il Padre possiamo santificare noi stessi perché fatti a sua immagine. Se cerchiamo di santificare noi stessi con il benessere, il potere, la stima, le ricchezze, la potenza, e l'amore, ci condanniamo al Mondo, alla Carne e al Diavolo a cui abbiamo promesso di rinunciare con il Battesimo. E' il nostro nome 'Legione', così come per i molti spiriti immondi che entrarono nel branco di porci e annegarono nel baratro (Luca, 8.28-31), o è il nostro nome quello di 'Cristiano', 'uno' con il Figlio, il Padre, e lo Spirito, a loro unito nei Cieli? Dostoevskij, riecheggiando Luca 4. 2-8, nell'episodio del 'Grande Inquisitore' ne I fratelli Karamazov descrive quanto sia necessario respingere le tentazioni del diavolo. Il Norwich Castle Manuscript, vede l'Orgoglio come il peccato che brama di santificare i nostri nomi, piuttosto che non santificare il nome di Dio.
'Israele' nella preghiera ebraica 'del Santo Nome', che Gesù recita in Marco 12.29, significa 'Il Signore Dio nostro è l'unico Signore'; sta a significare la Shekinah, la Presenza di Dio. Non siamo riusciti a santificare il nome di Dio, la forma 'jah' in 'Hallelujah' 'Alleluia', Joshua, Isaiah, e 'el' in Israele, Ezechiele, Raffaele, Michele, significano Dio. Il nome di Gesù come 'Yeshuah' significa 'Dio salva'. Santificando il nome di Dio invochiamo su di noi la sua presenza, invochiamo il suo regno in questo mondo, perché Egli ci salvi. In questa preghiera di Giuliana noi siamo 'uno' con Dio e in Dio. 'Non il mio nome ma il tuo sia lodato', leggiamo nel Norwich Castle Manuscript. Nel benedire e nel santificare, tuttavia, lo stesso Signore Gesù è anche paradossalmente benedetto e santificato. E così noi tutti.
Simone Weil, attingendo dal suo retaggio ebraico, osserva che soltanto Dio ha il potere di nominare se stesso e che quel nome è santità. Nel santificare il Suo nome, ella dice, noi liberiamo noi stessi dalla prigione dell'io. Evelyn Underhill riporta le parole di San Giovanni della Croce: 'la creazione parla a noi ma balbetta appena come un bambino che non può articolare ciò che vorrebbe dire, giacché si sforza di pronunciare l'unico Verbo, il Nome . . . di Dio'.
III. Venga il tuo Regno.
Queste parole, riecheggiando Angela da Foligno, sono così interpretate da Giuliana di Norwich: Egli è qui, l'Emmanuele, il Verbo fatto carne che abita in mezzo a noi, nella città della nostra anima; noi siamo il Suo trono". Origene, nel trattato 'Sulla preghiera', XXII.5, p. 148, così si esprime: 'preghiamo incessantemente dicendo "padre nostro che sei nei cieli", in quanto la nostra vita ha la sua cittadinanza non sulla terra ma nei cieli che sono i troni di Dio; poiché il regno di Dio è stabilito in tutti coloro che portano in sé l'immagine del divino e a motivo di ciò sono divenuti divini'.
Nel Norwich Castle Manuscript leggiamo:
. . . iusti sedes est sapiencie. L'anima dell'uomo retto o della donna retta è la sede e la dimora eterna della sapienza, vale a dire del figlio di Dio, il dolce Gesù. Noi compiamo la sua volontà e facciamo quello che è a lui gradito quando lo amiamo con tutte le nostre forze.Il Norwich Castle Manuscript prosegue osservando che in antitesi con questa petizione vi è la Bramosia, a cui bisogna contrapporre la preghiera, 'Il tuo regno, non il mio'. Gli avidi vogliono il regno per se stessi.
Simone Weil parla del regno come dell'esser assetati d'acqua. Come del grido che sale da tutto il nostro essere.
Fuori Settignano, tra gli ulivi, sorge un piccolo monastero, il monastero della Comunità dei Figli di Dio. I giovani monaci e le giovani monache si recano a piedi a messa. In cammino scolpite colonne grigie. Sulla facciata della cappella i passanti possono leggere incise queste parole:
Tutta l'immensità
l'unito che tutto trascende
lo spirito santo è:
il dono che dall'abbisso s'effonde
e penetra tutto
e di sé indivisibile e uno
tutte le cose riempie
e tutte in una luce trasforma.Nessun uomo,
nessuna creatura,
nulla nel cielo e sopra la terra
ti adora più
nessuno ti conosca o ti ammiri,
nessuno ti serva, ti ami,
illuminato dallo spirito,
battezzato dal fuoco,
chiunque tu sia:
laico, vergine, sacerdote,
tu sei trono di Dio,
sei la dimora, sei lo strumento,
sei la luce della divinità . . . .
+++ Dal Cantico di San Sergio di Radonez,
Patrono della Russia, 1314-1392
Sergio di Radonez, russo, fu
coevo di Giuliana di Norwich. Nessuno scritto di San Sergio è
giunto a noi, nel 1945 la cantica è stata rivelata in sogno a
Don Divo Barsotti, C.F.D. E' dallo studio che gli deriva una
profonda conoscenza di Giuliana di Norwich, ed egli vede
ciascuno di noi come il trono di Dio, il trono in cui il Regno
di Dio prende dimora, proprio nel senso inteso da Giuliana di
Norwich.
IV. Sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra.
Questi versetti del Padre nostro riecheggiano le parole della Vergine al momento dell'Annunciazione (Luca 1.38). Riecheggiano le parole di Cristo nel Getsemani (Luca 23.42). Riecheggiano anche le parole che Gesù pronunciò in precedenza (Matteo 12.46-502, Marco 3.31-35, Luca 8.19-21): 'Chiunque fa la volontà di Dio, egli è mio fratello, mia sorella e mia madre'. Giuliana aggiunge, 'Questa è la volontà di nostro Signore, che la nostra preghiera e la nostra fede siano ugualmente grandi'. Nel Norwich Castle Manuscript questa richiesta è la misura contro l'Invidia; la volontà di Dio nella carità e non la mia sia fatta, poiché Dio è amore.
Simone Weil attribuisce questo anelito al desiderio di eternità che va oltre quello del tempo: un anelito analogo al desiderio di colui che che muore di sete, ma deve astenersi dal soddisfarlo, se contro la volontà di Dio. Evelyn Underhill riferisce le parole di Niccolò Cusano: 'Ho appreso che il luogo ove Tu sei svelato è circonfuso dalla coincidentia oppositorum'.
V. Dacci oggi il nostro pane quotidiano.
Gesù si guadagnava il pane quotidiano con il lavoro di falegname, Pietro, Giacomo e Giovanni erano pescatori, Paolo fabbricava tende. Matteo, esattore delle tasse e colpevole di deprivare gli altri del pane, abbandona il banco della gabella per seguire la semplicità di Cristo.
Il Norwich Castle Manuscript afferma che non possiamo dire secondo giustizia 'il nostro pane' se conosciamo qualcun altro a cui il pane manca e a lui lo neghiamo. Questo significa che dobbiamo lavorare per il bene comune dei Cristiani nostri pari, donando, insegnando, aiutando, confortando. Significa che noi siamo mendicanti - parola ripresa nel più tardo Lambeth Manuscript - e di giorno in giorno umilmente chiediamo il pane a Dio; coloro i quali non lavorano con il sudore della fronte recitano indegnamente questa preghiera. Il manoscritto aggiunge che non dovrebbero esistere interdizioni o scomuniche, dal momento che nessuno, uomo o donna che sia, deve essere separato dal corpo di Cristo, avendo Cristo offerto il sacramento persino a Giuda. Bisogna, tuttavia, ammaestrare sulla necessità di ricevere il sacramento essendone degni. Il manoscritto aggiunge che questa domanda è l'antidoto contro l'Accidia. La preghiera di ringraziamento latino americana è strettamente connessa a questo: 'Preghiamo che coloro ai quali manca il pane lo abbiano, e che coloro i quali hanno il pane sentano fame e sete di giustizia per quelli a cui il pane manca'. Gesù - rimarca il Norwich Castle Manuscript - disse: 'Il mio cibo è fare la volontà del Padre mio' (Giovanni 4.34), in tal modo legando le due invocazioni.
Evelyn Underhill cita una preghiera spagnola: 'Tu una volta nutristi i tuoi poveri abbondantemente con il pane del cielo', e in un Vangelo irlandese leggiamo: 'Dacci oggi come pane quotidiano la Parola di Dio dal Cielo'. Simone Weil afferma che Cristo è il nostro pane. E aggiunge che così come la manna non può essere conservato. Qui il paradosso è che il Norwich Castle Manuscript, manoscritto medievale, è più marxista-cristiano di quanto non lo sia Simone Weil nel XX secolo.
Fioretta Mazzei ha osservato sulla pazienza:
Prova ad avere pazienza: anche per un pezzo di pane
ci vuole un anno di lavoro e molte mani che collaborano.
Antonella Somigli
VI. Rimetti a noi i nostri
debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori.
Nelle Scritture ebraiche alla fine di sette volte sette anni, nel quindicesimo anno, un suono di Tromba echeggerà, la Tromba del Giudizio suonerà, la Campana del Giubileo e della Libertà (furono i quaccheri a fondare Filadelfia cinquanta anni prima che quella campana fosse fusa) risuoneranno, tutti i debiti saranno rimessi. La libertà sarà proclamata per tutti gli schiavi, e la terra sarà messa a maggese in un lungo Shabbat, lo Shabbat degli Shabbat: 'Proclamerete la libertà nel paese' (Levitico 25.10).
Il Norwich Castle Manuscript, parlando dello Shabbat degli Shabbat, afferma che coloro i quali sono nostri debitori sono Cristiani nostri pari. Non concedendo noi il perdono, siamo in debito verso Dio, poiché non compiamo la sua volontà di essere caritatevoli. Secondo Davide e Agostino, tutti noi siamo debitori nei confronti di Dio. Chi perdona sarà perdonato. Colui che è adirato contro il fratello non è che 'carne per i vermi', e non può ricevere la misericordia di Dio. Agostino asserisce: 'Presti attenzione a quello che l'uomo fa contro di te, ma non a quello che tu fai contro Dio, che è ancor peggio di quello che è stato fatto contro di te. Giacché come può egli perdonare molto quando tu non perdoni neppure il più piccolo debito'? (Matteo 18.21-35). Agostino afferma che Dio ha dato a noi il potere e il libero arbitrio per come saremo giudicati nel Giorno del Giudizio universale. Questa richiesta è l'antidoto contro il peccato della Collera.
Oggi sappiamo che chi ha subito violenza è a sua volta condannato ad usare violenza - a meno che egli non riesca a perdonare. Solo allora può essere liberato dalla disperazione e dalla cattiveria. Il sito web Oliveleaf è dedicato proprio a questo tema, vale a dire a come accrescere in noi la capacità di perdono, e, dunque, essere liberi. Quando non riusciamo a perdonare e non perdoniamo, siamo per sempre in stato di schiavitù, per sempre in debito verso coloro i quali proviamo odio. Ma quando trasformiamo l'odio in amore, siamo liberi. Quando perdoniamo coloro i quali ci feriscono sconfiggiamo il loro male, sconfiggiamo il male stesso, liberando sorgenti di bontà, che dalla nostra anima fluiscono nel mondo, e ne dipanano il male. La vendetta semplicemente riproduce il male, lo moltiplica, ed inevitabilmente ferisce innocenti e criminali. Tempeste in un bicchier d'acqua crescono sino a divenire una guerra mondiale; la terribile semina e il raccolto di difese anticarro. I Sandinisti in Nicaragua, la cui giunta rivoluzionaria annoverava un prete poeta, avevano come vessillo di pace: 'Il perdono è la nostra vendetta'. Questa bandiera dispiegata nei loro centri era un monito e intesa a rieducare i loro torturatori del passato, i Somozisti. Desmond Tutu e Nelson Mandela consapevoli della necessità in Sud Africa dell'ascolto della Verità e della Giustizia, seppero prestare orecchio alle parole delle due parti coinvolte nella storia del loro paese.
Simone Weil rimarca che ciascuna cosa che noi possediamo è un debito, per qualsiasi bene possiamo aver ricevuto dobbiamo anche gratitudine, come pure per ogni torto che pensiamo di aver subito meritiamo riparazione. Dobbiamo rinunciare alla rivendicazione del passato sul futuro. La remissione dei debiti è povertà spirituale, nudità, morte - ritorno alla vita. Evelyn Underhill osserva che Santa Teresa affermava che i santi si rallegrano per le offese ricevute, avendo nel perdonare qualcosa da offrire a Dio. Amo il commento della mia Madre fondatrice Agnes Mason: 'i Rabbini dicono che il settimo giorno Dio fece l'uomo e potè allora riposare, avendo con lui creato qualcuno a cui perdonare i peccati'.
VII. E non ci indurre in tentazione.
Il Norwich Castle Manuscript afferma:
'Benedetto è colui che è provato, giacché egli vincerà la
corona della vita', e questo propone come antidoto contro l'avidità. Non ci
indurre in tentazione: ad esempio, la tentazione del Diavolo a
Cristo che Egli trasformi le pietre in pane.
Ma liberaci dal male.
In Francia questa preghiera cantata durante la messa si conclude con la parola 'male' con una nota alta, così trasformando il male in bellezza assoluta. Nella congregazione tutti cantano la preghiera nella positura degli orans dei primi cristiani, con le mani alzate e stese, come nell'alternarsi delle mani di Dio nell'atto di benedire e delle mani inchiodate sulla croce. Nel Norwich Castle Manuscript del 'Libera nos a malo', al foglio 78, leggiamo che un uomo devoto e una donna santa recitano il Pater Noster e il Credo non solo per se stessi ma per tutta la Santa Chiesa. Il Manoscritto presenta questo come antidoto contro il peccato mortale della Lussuria, rimarcando che questa domanda, che Dio ci liberi dal male, è una supplica per la libertà della nostra anima, per essere liberati dalla schiavitù. Santificando il nome di Dio con la castità, il male del Venerdì Santo si trasforma nella resurrezione della domenica di Pasqua.
Quando ho parlato del Padre nostro in traduzione inglese, pur desiderando mantenere molte delle parole prescelte, ho implorato che questo versetto fosse mutato da 'But deliver us' in 'But free us' 'Ma liberaci dal male', utizzando, dunque, nello stile di Giuliana una parola anglo-sassone, piuttosto che non una parola derivata dal latino, la lingua dell'impero. In inglese conserviamo la bella forma arcaica 'hallowed'. Il Padre nostro, come l'Esodo e il segno del Tau fatto col sangue, può liberarci dal peccato e dalla morte, poiché esso e noi cerchiamo questa santificazione.
Ho provato ad insegnare a leggere e a scrivere a una giovane madre rom rumena di nome Hedera. La sua famiglia era troppo povera per dare un'istruzione alle figlie, ed Hedera, diversamente di quanto in genere accade con i figli maschi, non ha mai frequentato la scuola. Memore della tradizione medievale e rinascimentale nel metodo di insegnamento con i bambini, le ho fatto ricopiare il Padre nostro in italiano, lingua del paese che ci ospita - anche per pregare leggeva poi da questa sua copia. Rumena e ortodossa, Hedera, canta spesso l' 'Alleluia' come ninnananna al suo bambino che io ho battezzato. Il suo popolo, cristiani di fede ortodossa, è stato tenuto per secoli in condizioni di schiavitù nella propria terra e dagli stessi cristiani. Hedera mendica per le strade di Firenze per garantire una qualche forma di sostentamento alla famiglia che vive in Romania, in tutto sette persone. Chiede l'elemosina per il loro pane quotidiano. Recentemente le è stato proibito di chiedere l'elemosina all'entrata delle chiese. Sembra, invece, che possa farlo chi è solo e alcolista. Così ha ricopiato il Padre nostro la prima volta:
Simone Weil osserva che 'Il padre nostro' inizia con la parola 'Padre', e termina con la parola 'male', passando così dalla fiducia al timore. Osserva anche come ciascuna domanda è intrecciata alle altre. E conclude:
Il Padre nostro è il compendio di tutte le domande possibili; non possiamo pensare ad alcun altra preghiera che non sia contenuta in esso: è per la preghiera ciò che Cristo è per l'umanità. E' impossibile recitarlo una sola volta tutto, prestando la più piena attenzione ad ogni singola parola, senza che produca nell'anima un cambiamento, infinitesimale, forse, ma reale.O, si potrebbe aggiungere, è impossibile recitarlo senza che porti frutto nel mondo, nuovamente glorificando la Creazione.
La immaginiamo raccogliere l'uva nel sud della
Francia per il pane quotidiano, e la immaginiamo recitare
questa preghiera nel greco del Vangelo, anche se vorremmo
udirgliela recitare in ebraico, la sua lingua. In fuga dal
Nazismo Simone Weil trova rifugio a Londra dove muore di
anoressia. Un'altra giovane ebrea, filosofa - non francese ma
di origine tedesca - che scrisse su Pseudo
Dionigi, divenne contemplativa, e carmelitana come Teresa d'Avila, e muore durante
la guerra in un campo di concentramento. Il suo nome è Edith Stein.
Ambedue furono fisicamente
distrutte dal male, e scrissero testi su Dio per essere capaci
di sconfiggere questo male. Queste donne, sorelle di Cristo,
al di fuori della Chiesa la prima morendo non battezzata;
monaca Carmelitana, la seconda, e oggi santa, immaginano
Cristo che insegna a noi a pregare il Padre nostro, Abba, Padre!
Alan Oldfield, Rivelazioni dell'Amore divino, 1987.
St Gabriel's Chapel, All Hallows
Convent, Ditchingham
Foto, Sister Pamela, C.A.H., per
gentile concessione dei 'Friends of Julian'
Bibliografia
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Lord's Prayer. London: Longman's, 1956.
Weil,
Simone. 'Concerning the Our Father'. The Simone Weil Reader.
Ed. George A. Panichas. New York: David McKay, 1977. Pp.
492-100.
With especial thanks to Kate Lindeman
in America who reminds me that St Teresa of Avila had also
written on the Lord's Prayer and to Sister Anna Maria Reynolds,
C.P., of Kilcullen, Ireland, who then gave me a copy of the
treatise.
Traduzione di AD,
Firenze, 2003
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